domenica 19 dicembre 2010

Mistificazione, ignoranza, o semplice malafede?

Il nostro formidabile sindaco ha dichiarato che Ravenna  "ha raggiunto 500 ettari di verde urbano".  Pensavo essere un'errore di trascrizione ma la stessa cifra è stata riportata da tutte le testate on-line. 
E' chiaro che è un dato assolutamente inverosimile ed anche un bambino con la licenza elementare potrebbe capirlo. 500 ettari sono 5 Km quadrati (per fare un confronto Central Park a New York è di soli 3,4 Km quadrati!) .Ho disegnato sulla cartina di Ravenna un quadrato viola di 500 ettari per rendere meglio l'assurdità di questa affermazione (clicca sull'immagine).
Se il sindaco intendeva dire che anche tutto il verde inedificato e coltivato attorno alla città è "verde urbano" allora poteva sparare anche 1000 ettari, tanto nessuno avrebbe potuto contraddirlo: oltre la periferia è tutto verde, da sempre come in tutte le città della pianura. Forse in una città al centro di un deserto come potrebbe essere Las Vegas avrebbe senso dire che "abbiamo raggiunto", cioè abbiamo recuperato dall'ambiente arido tanto verde urbano. Ma a Ravenna che senso ha questa frase?
Immagino poi che questi dati siano stati presentati in una conferenza stampa davanti a giornalisti titolati,  ma è mai possibile che davanti a questa cifra nessuno abbia strabuzzato gli occhi ed abbia avuto l'ardire di dire ad esempio: "Scusi, signor sindaco, ma dove sarebbero questi 500 ettari? Ce lo può spiegare gentilmente?"
Non è che si possa sempre delegare la verifica di certe affermazioni all'opposizione politica (che spesso latita su queste e molte altre questioni) o ai soliti "rompiballe" degli ambientalisti.
Se cose così palesemente false o mistificate ci vengono poi riportate pari pari dai giornali, come possiamo fidarci di dati ben meno controllabili dal semplice cittadino come ad esempio il bilancio economico o energetico o dati sull'inquinamento e sul traffico?
Ma ci sono a Ravenna giornali o giornalisti che non facciano solo i portavoce dei sindaco o dei potenti di turno?


lunedì 13 dicembre 2010

Rifiuti zero a Kilometri zero.

La necessità di accorciare le filiere di produzione dei beni di consumo, sopratutto alimentari, fino alla soglia dei fatidici "Km zero" è, almeno a parole, avvertita e assecondata da tutto il mondo ambientalista, e non solo. Anche forze politiche insospettabili auspicano, in alcuni casi, la filiera corta e un'economia di prossimità territoriale. 
Intanto nel mondo dei rifiuti, quelli recuperabili, cioè non destinati a discarica o incenerimento,  i trasporti su grandi distanze vanno per la maggiore.
Due esempi: i piccoli elettrodomestici (stampanti, telefoni, tostapane etc.) raccolti nelle ecoaree di Ravenna vengono trasferiti a Vicenza (240 Km!) e i rifiuti organici biodegradabili, quelli dei bidoni marroni vicino ai cassonetti, finiscono a Voltana (33Km!).
In questi luoghi ci sono gli impianti di trattamento specifici, ma sono impianti con bassissimo contenuto tecnologico. L'impianto di compostaggio di Voltana non fa altro che replicare in grande i processi organici che avvengono nelle compostiere domestiche o poco più. Basterebbero piccoli impianti (o grandi compostiere) distribuiti sul territorio, magari gestiti da un' imprenditoria  privata ben controllata dal pubblico,  per riciclare tutti i rifiuti biodegradabili, senza instaurare una teoria di camion che portino i nostri rifiuti a Voltana e ritirino poi il compost.
Per gli elettrodomestici, andando a spulciare nel rapporto 2009 del centro di coordinamento italiano dei Raee, l'ente che regola lo smaltimento e recupero di tutti gli elettrodomestici,  scopriamo che in Italia i centri autorizzati smontare e trattare questi rifiuti,  e quindi anche smontare un semplice fon sono solo 62, perlopiù concentrati in Veneto e Lombardia; eppure sono impianti potrebbe dove la gran parte delle attività sono a bassa tecnologia ed il personale è poco o nulla specializzato. Qui in romagna sono stati avviati esperimenti più che altro finalizzati al recupero sociale, impiegando ad esempio i detenuti del carcere di Forli o i disabili di una coop sociale di Bologna.
In un certo senso, si potrebbe dire che i veneti ci stanno "rubando" del lavoro facile facile, e che rinunciando ad investire in questi settori, rinunciamo ad una maggiore occupazione e ricchezza nel nostro territorio.
Ma le responsabilità di questa organizzazione superindustriale per attività "semplici" non sono solo della politica e dell'imprenditoria che ovviamente ci sguazza . Le responsabilità sono anche della società, e quindi nostre, che tende sempre più a delegare le proprie incombenze a terzi, e non assumersi la responsabilità di uno stile di vita, e di pensiero, ormai insostenibile.

lunedì 29 novembre 2010

Per una civiltà geipeg (.jpg)

Finalmente un post di speranza e ottimismo, anche se un po' tecnico e filosofico. La prendo da lontano, dalla fotografia digitale e dai sistemi di compressione delle immagini. Questo non è un'articolo propriamente tecnico e gli informatici e puristi mi perdoneranno inesattezze e forzature, ma quello che qui interessa è di far comprendere il concetto.
Dunque, quando facciamo una foto con la digitale o il telefonino, prima ancora di poterla rivedere e scaricare, la fotocamera registra l'immagine nella sua memoria  in un formato  non compresso, con una dimensione, per esempio, di 1000 Kb. Poi, a seconda delle impostazioni, applica a questa immagine degli algoritmi di compressione, fra cui il famoso JPEG che è un processo di tipo "lossy", cioè con perdita di qualità. La dimensione si riduce allora da 1000 Kb a 25 Kb o anche meno. Quasi una magia. E' come se la fotocamera ci dicesse: "Ho qui un'immagine di alta qualità, la massima di cui sono capace, ma non te la metto a disposizione così com'è, visto che sei umano e non puoi apprezzarla in pieno. Prima gli abbasso un po' la qualità ad arte come so fare io, mettiamo del 15%, tanto non te ne accorgerai, poi te la impacchetto stretta stretta, così non sprechiamo spazio e memoria e facciamo tutti meno fatica".
Tutto questo è possibile perché negli algoritmi di compressione c'è il risultato del lavoro di generazioni di matematici e tecnici, dai contabili babilonesi agli informatici della silicon-valley, da Euclide e Pitagora a Gauss e Poincarè.
Anche la nostra società potrebbe far così per cavarsi da questa crisi ormai strutturale: ridurre, di poco, questi presunti standard di qualità come potrebbe essere la cilindrata delle auto od il consumo di carne o altro, e metterci dentro tanta, ma tanta intelligenza! Avremmo risultati magici!

martedì 2 novembre 2010

Non fate l'onda!

Questa è un'immagine del canale Candiano presa lungo il cimitero monumentale di Ravenna in un momento di alta marea.
L'imponente torre Hamon che si staglia all'orizzonte è una delle due rimaste sul terreno della ex-Sarom dopo lo smantellamento della raffineria.
Sono li a ricordarci di quando Ravenna era una città prevalentemente industriale e del tributo pagato da generazioni di lavoratori - e dall'ambiente - per raggiungere  quel benessere economico di cui, bene o male, godiamo ancora.
Intanto l''ENEA  prevede un innalzamento del livello medio del mare di 35 cm nei prossimi 90 anni. Questa foto  da l'evidenza visiva che abbiamo parti del nostro territorio al disotto dell'attuale livello del mare anche senza aspettare il 2100. 
Una situazione questa che condizionerà pesantemente il futuro della città. Saremo sicuramente costretti a investire buona parte delle nostre risorse per potenziare le difese dall'inalzamento del mare. Saremo costretti a rinunciare a Ravenna Festival e alle notti d'oro? O al nostro piccolo welfare? Chissà...

martedì 19 ottobre 2010

Il pianeta Biro

Ho fatto un censimento delle biro e matite che abbiamo in casa e ho deciso di fare outing: abbiamo decisamente molte piu biro di quelle che servono! Per l'esattezza 60 e più fra penne biro e pennarelli, 14 matite, 4 evidenziatori, 5 gomme, 14 portamine (ma questi li collezionavo coscientemente), 3 cutter, 4 calcolatrici etc. etc.
Evidentemente qualcosa non va. L'accumulo di questo materiale rispondeva ad un nostro bisogno inconscio, una risposta alle ansie ed alle  paura di "rimanere senza" qualcosa di non ben definito.
Non riuscirò ad usare tutta questa cancelleria nemmeno se campassi secoli, tantopiù che oggi si usa il PC per scrivere, per cui da tempo sto tentando di reinvestire (usare/vendere/regalare) questo strano capitale accumulato inconsciamente negli anni, prima che si trasformi in rifiuto vero e proprio.
Poi mi son chiesto se non sia così anche la nostra società, che anche lei abbia accumulato "cose" inutili, o meglio, cose utili ma in quantità sproporzionate ai reali bisogni e che stanno lentamente diventando "rifiuti".  Ho prima pensato agli armamenti ed alle centrali nucleari, ma poi ho pensato  anche alla grande quantità di infrastrutture più o meno utili come strade, edifici, etc. Poi ho pensato a Ravenna e mi è venuto in mente Cinemacity e le feroci lettere di protesta di quelli che si trovano imbottigliati in auto nel suo parcheggio come se si trattasse di un'accesso al pronto soccorso ed infine mi è venuto in mente un mio amico che mi ripete sempre che semmai ci sarà una rivoluzione in Italia sarà perché la gente non riesce ad accedere ai divertimenti come vorrebbe -.
Ci renderemo mai conto conto che abbiamo troppe biro?

martedì 21 settembre 2010

Mettere un tappo sulla coscienza

Esistono alcune raccolte differenziate di rifiuti che vengono svolte al di fuori dei circuiti istituzionali  e che sfuggono un po' alle statistiche ufficiali. Quella dei tappi in PVC delle bottiglie dell'acqua minerale è la più paradossale di tutte fra quelle che io conosca.
La cosa è nata anni fa dalla classica leggenda metropolitana che narrava che con i tappini usati, opportunamente raccolti si sarebbero comperate carrozzine per i disabili.
Molti cittadini la fecero convintamente, mettendo da parte i tappini e consegnandoli a organizzazioni sociali no-profit, le quali, con affanno si videro costrette a tirare le fila e cercare di tradurre in realtà quella che era una fandonia bella e buona. E ci riuscirono  brillantemente!
Chi oggi  organizza maggiormente la raccolta dei tappini in Italia è il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco di Livorno che investe i proventi dalla vendita dei tappini in  PVC  in pozzi per l'approvigionamento d'acqua potabile nei paesi del terzo mondo.
Raccontata così la storia, sembrerebbe una bella storia, ricca di slanci di generosità e di nobili di intenti.
Però, facendo un po di conti dai dati diffusi, risulta che il valore di mercato del PVC usato contenuto nei tappini, FRANCO TRASPORTO, è pressochè irrisorio: 0,0005 euro a tappino, cioè ci vogliono circa 15 - 20 tappini per fare un centesimo di euro, ed escludendo il trasporto!  Nella foto sopra, ci sono un centesimo di Euro!
L'organizzazione di questa raccolta sta in piedi economicamente, e genera "utili" solo perché tutta la manodopera ed i trasporti vengono fatti gratuitamente dai volontari. Ed anche perché NOE e Finanza, evidentemente non sono così severi nella verifica della corretta applicazione di tutte la normativa in materia di gestione di rifiuti nei confronti delle organizzazione no-profit.

Ma ...se donassimo un'euro una tantum a queste organizzazioni, doneremmo in una volta sola l'equivalente di 2000 tappini, che corrisponderebbero a 2000 bottigliette d'acqua minerale, circa 1000 litri, più o meno l'acqua che ci beviamo a testa in 2-3 anni.
E ...se ci bevessimo l'acqua del rubinetto? Il volontariato non potrebbe trovare attività più utili a tutti (sia da noi che nel terzo mondo) che non raccogliere e trasportare tappini?
Analizzare a fondo tutti gli aspetti di questa raccolta può dare un po' il mal di testa come un vero e proprio rompicapo, perché c'è sempre la forte tentazione di voler salvarne le componenti positive (il volontariato, gli aiuti al terzo mondo, il senso di non sprecar risorse), ma alla fine risulta evidente che stiamo analizzando gli effetti di  un sistema di produzione e consumo malato, incapace di rispondere ai bisogni reali della gente e che ha creato un meccanismo di espiazione e di compensazione dei nostri delitti verso l'ambiente semplicemente aberrante.

giovedì 16 settembre 2010

Piste ciclabili? No grazie!

Per molti questa può sembrare una bestemmia ma quello che intendo dire è che le piste ciclabili cittadine non sono affatto una soluzione e non contribiscono minimamente alla razionalizzazione del traffico. Semmai danno un'alibi agli automobilisti per sentirsi ancora piu padroni della città.  Altro discorso sono invece le piste ciclabili  extraurbane (come la Ravenna Punta Marina) che  sono utilissime ma, aimè, poco richieste dall'elettorato e poco considerate in generale.
Ma veniamo con ordine.

Piste Ciclabili Urbane No Grazie perché:

- Non c'è assolutamente spazio nelle strade cittadine per ricavarci le piste.
- Per fare le piste si sacrificano i parcheggi a bordo strada. E poi le auto parcheggiano sulle piste!.
- Ridurre o cancellare i marciapiedi per farne piste ciclabili è assurdo e pericoloso. I pedoni non le riconoscono e le ignorano, oppure semplicemente non c'è spazio per tutti sul marciapiede. Provate a transitare in bici su una ciclabile, cioè la porzione del marciapiede, che passi davanti ad una scuola e ringraziate il cielo che qualche bambino non vi si infili sotto alla bici.
- Le ciclabili sono mera propaganda elettorale. E sono più suadenti nei confronti dell'automobilista ipocrita che è in noi che non per il ciclista.
- Non viene fatta la manutenzione; per i nostri amministratori evidentemente le ciclabili non ne hanno bisogno. Invece le strade vengono regolarmente manutenute.
- Tecnicamente fanno schifo: altissimi cordoli a destra e sinistra, e  se vi distraete un attimo siete per terra (evidentemente c'è un grande business "all'italiana" dei cordoli in cemento - all'estero non ho mai visti).
- Curve a gomito e raccordi assurdi. Se costruissero le strade con gli stessi criteri delle ciclabili avrebbero già impiccato i progettisti.
- Molte ciclabili son fatte con una ruvida pavimentazione in mattonelle rosse che si dissestano facilmente. Invece le strade adiacenti sono più levigate di un velodromo.
- Le ciclabili non sono interconnesse le fra loro perché non possono esserlo senza interrompere la viabilità motorizzata. E' assolutamente impossibile separare il traffico  motoeizzato da quello ciclistico.
- Le nostre città sono già progettate a misura di bicicletta; sono le auto ad essere avulse. Loro son venute dopo.
- Le ciclabili sono uno sperpero di risorse pubbliche, ma evidentemente c'è qualcuno che riesce a lucrarci sopra in nome di supposti "vantaggi ambientali" ed "ecosostenibilità" delle opere.
Molto altro ci sarebbe da dire ma rimando ad una video intervista al presidente della Fiab  di Milano  ed anche ad uno dei tanti forum sull'argomento (leggete quel che scrive Silvia!).
http://borgomeo.blogautore.repubblica.it
E una bella discussione sulle ciclabili sul blog di Ciclistica .
E per intristirsi, le dichiarazioni del nostro nuovo prefetto.

domenica 5 settembre 2010

Il nuovo volto della Bassona

Ho sempre considerato i capannisti della foce del bevano come dei privilegiati e dei piccoli devastatori di quell'ambiente naturale. Senza  i vari vincoli del Parco del Delta e l'attività di vigilanza della Forestale il villaggio di capanni  in legno e muratura  si sarebbe presto trasformato in un paesino di seconde case con giardinetto e con tutti gli agi.  Sul blog lavoceromagnola.blogspot.com e su facebook infuriano da tempo le polemiche. Per dare un'idea delle dimensioni del paese, dalla cartografia della provincia si contano più di 70 immobili esistenti.
Però, quest'estate, passando dalla foce Bevano ho visto un villaggio bellissimo, tranquillo e quasi decoroso. La novità era che non c'erano le auto ad intralciare gli stradelli fra i capanni perché la Forestale aveva (giustamente) piazzato una sbarra all'ingresso del "paese" e bloccato il traffico motorizzato: ed era pieno di biciclette appoggiate ai capanni!
Villaggi così piacevolmente vivibili li avevo visti solo in Centroamerica o in Asia dove le auto ancora non se le possono permettere.
Perché non arretrare ancora di più la sbarra sulla via Fosso Ghiaia, magari alla fine della pineta in modo da isolare anche i capanni da pesca lungo il canale?
Se cominciamo a limitare seriamente la possibilità di accedere con l'auto a molti siti naturali, molti problemi di convivenza uomo-natura si risolverebbero automaticamente. Solo i cittadini più responsabili si sobbarcherebbero il disagio di raggiungere certi luoghi a piedi o in bici.
Non mi sembra che sui rifugi alpini in quota vi siano problemi del genere.

martedì 10 agosto 2010

Saponetta VS bagnoschiuma.

Lavarsi con la saponetta o con il bagnoschiuma?
La domanda non ha molto senso se ci limitiamo ai nostri gusti personali ed immagino che la maggioranza degli occidentali opti per il bagnoschiuma.
Ma in una prospettiva globale, e quindi in termini di risorse impegnate al conseguimento del nobile fine (il lavarsi) la domanda ha un senso profondo ed anche più risposte, non banali.
Senza essere troppo analitico rilevo alcuni punti notevoli:
- che utilizzando un sapone liquido che contiene anche acqua (il bagnoschiuma) si spende energia (e si paga) anche per confezionare, stoccare e trasportare la componente in acqua contenuta nel prodotto, quando questa ci esce "gratis" dal rubinetto.
- che per un bagnoschiuma o sapone liquido si debbono usare contenitori in plastica,  i quali, per la maggior parte, finiscono in discarica o in un inceneritore con le conseguenze che sappiamo.
- che le confezioni di sapone liquido e bagnoschiuma sono voluminose e non compattabili oltre un certo limite.
-  che per confezionare una saponetta basta solo un foglio di carta  completamente riciclabile.
- che la saponetta è impilabile e "tassella perfettamente lo spazio", cioè è stoccabile in un volume minimo senza vuoti fra una confezione e l'altra.
Ci sarebbero da fare molte altre considerazioni simili, ma, senza essere troppo pedante, credo che il ritorno alla vecchia cara saponetta sia solo un bene per il nostro ambiente.
Mi piacerebbe molto che i nostri governi e coloro (colui?) che ha in mano i media prestassero attenzione a questi temi. Ma la realtà è assai diversa...

mercoledì 4 agosto 2010

Metar la caretta all'ôra (mettere la carretta all'ombra)


Il comune ha deciso di realizzare 480 posti auto coperti con impianto fotovoltaico integrato nel parcheggio del pala De André (sembra che a Pesaro siano piu avanti di noi su di un progetto pressoché identico).
Credo proprio che dovremmo farci qualche domanda sulla ratio di  questo progetto.
Perché mai dobbiamo avere 480 posti auto coperti in un parcheggio pubblico già costruito? Forse che qualche comitato di utenti del Pala De André con la vernice dell'auto delicata lo abbia richiesto?  Il parcheggio è in parte alberato e drenante: che fine faranno gli alberi?
Ammesso che l'operazione sia non onerosa per il comune (da dimostrare), chi ci guadagnerà? Tutti? O solo qualche società costruita ad hoc che magari ha sponsorizzato il progetto in mezza italia?
Un grosso difetto della legge sugli incentivi al fotovoltaico è che purtroppo, gli incentivi, vengono concessi anche per l'installazione di pannelli a terra, ed anche su suolo agricolo. E non impedisce che vengano costruite strutture inutili come un parcheggio coperto solo per poterne poi sfruttarne il tetto. La corsa agli incentivi  sulle rinnovabili interessa anche alla criminalità organizzata come a faccendieri con pochi scrupoli. E' assolutamente necessario vigilare.
Ammetto che il progetto del parcheggio è un grosso passo avanti rispetto agli impianti a terra su suolo agricolo ma si può fare di meglio. Perchè il comune non tappezza i tetti dei suoi immobili con pannelli solari? Poi ci sono ancora  ettari di capannoni alle bassette e al porto che attendono che qualcuno investa su loro...

giovedì 15 luglio 2010

«In ogni posto ci vorrebbe un pezzo di terra così, lasciato incolto.» Cesare Pavese

Forse può sembrare un paradosso ma oggi a Ravenna c'è molto più verde pubblico (e privato) di 30-40 anni fa. Nelle classifiche di Legambiente sul verde urbano siamo sempre posizionati ai piani alti. E direi che è tutto verosimile. Ad ogni espansione della città negli ultimi decenni ci si è sempre preoccupati di piantare alberi lungo le strade e nei parcheggi, lasciare piccoli fazzoletti di prato etc. Magari sarà solo il greenwashing, ma il verde c'è davvero. E la percezione del valore, sia pure solo estetico, dei grandi alberi è ormai un dato acquisito anche nella popolazione più anziana. 
Quello che purtroppo non è stato ancora acquisito come un valore primario, neppure da certi ambientalisti, è l'avere porzioni di territorio "verde" in completa balia della natura come potrebbe esserlo il Bosco dei Gufi e altri fazzoletti di terra dimenticati dalla speculazione. Cercando un po' se ne trovano ogni tanto in qua e in la, e spesso sono spazi molto piccoli in luoghi anche insospettabili. Meglio proteggerli, salvarli anche dal semplice addomesticamento alla forma di giardino ordinato e pettinato. Se concediamo queste occasioni alla natura avremo in pochi anni dei veri piccoli serbatoi di biodiversità. E' una questione etica ed estetica che farà sicuramente un gran bene alla nostra anima. 

martedì 22 giugno 2010

Il ballo del mattone

Sono iniziati i lavori per la "riqualificazione" dell'area della ex centrale Hoffman all'inizio di via Romea Nord.  Il cartello all'ingresso del cantiere, scritto a pennarello, recita "demolizione di edificio e nuovo complesso commerciale" (clicca sull'immagine).
Il superbo edificio perderà così la sua funzione di memoria storica della città e diventerà il simulacro di se stesso: L'ex fornace avrà solo la forma originale ma all'interno ospiterà, dopo una ricostruzione che immagino totale visto il tono del cartello, nuovi uffici, negozi, ristoranti etc. Ovviamente sono previsti grandi parcheggi ed un aumento del traffico veicolare nel quartiere che già oggi ne soffre e non poco.
Cooperative edili e agenzie immobiliari condurranno il ballo degli affari, ma a noi cittadini che resta?
Perderemo un monumento, per quanto cupo e decadente, ed avremo l'ennesimo  megacentro commerciale. Sarà un buon cambio? Ne dubito.

lunedì 7 giugno 2010

Recupero Riuso Riciclo - A case study

Ho comperato il mio orologio Casio da polso nel 1997 all'ESP , quando era solo ESP e non c'era ancora l'Iper. Spesi 70'000 lire in offerta, un prezzo popolare per un'orologio popolare.  Nel frattempo, grazie ad Internet, ho scoperto che un Casio di 13 anni è ormai un'oggetto "vintage" e che non ne esistono altri esemplari o ricambi neppure su e-bay (un solo riferimento su http://raredigitalwatches.com ).
Dal 97 l'orologio ne ha passate di tutti i colori. Gli ho cambiato diverse pile ed il cinturino più volte, perché si era rotto o era in procinto di rompersi. Questa volta però il guaio è stato molto più serio: si è spezzata la parte della cassa dove viene agganciato il perno del cinturino. Ero già rassegnato alla sostituzione dell'intero orologio visto che non era riparabile quando ho deciso che in un modo o nell'altro avrei trovato  un rimedio.
Ho preso il trapano ed ho fatto due forellini verticali da 1,5 mm sul corpo dell'orologio. Poi con del filo da pesca ho cucito il cinturino alla cassa utilizzando i 2 nuovi fori. Il risultato è stato eccellente, quasi non si vede nulla della riparazione.
Un po' come i vecchi contadini che con poco fil di ferro riparavano tutto e di tutto ho voluto salvare il mio glorioso orologio da una indegna sepoltura nel fondo di un cassetto, fra le cianfrusaglie varie. Evitando l'acquisto di un nuovo orologio non ho incrementato il PIL della nazione e quindi secondo i dettami classici dell'economia non ho aumentato la ricchezza collettiva. Però ho prodotto "innovazione", un nuovo sistema di riparazione, e questo è inquantificabile con soli parametri economici.
Inoltre l'operazione mi ha reso quasi felice...

mercoledì 5 maggio 2010

C'è un grande prato verde (dove nascono speranze)

Un fatto singolare è accaduto nella nostra città: un grande palazzo nel centro storico è stato completamente raso al suolo ed al suo posto c'è ora un bellissimo prato verde! Sembra impossibile ma è successo davvero. Il fatto risale agli anni 50/60, quando venne demolita la vecchia caserma che sorgeva nello spazio verde di fronte all'attuale Loggetta Lombardesca in via di Roma.  Sul sito www.fotoaeree.com c'è fra l'altro un bella foto del 1955 che ne illustra l'evento.  La foto sopra è invece del 1910 ed è evidenziato l'imponente edificio sulla sinistra alla fine della via di Roma.
Oggigiorno sarebbe pensabile una cosa simile?
Mezzo ettaro di terreno in centro città ritornare verde pubblico senza che non vi siano "pesanti pressioni" per rioccuparlo con un centro commerciale, qualche banca, appartamenti e parcheggi?

domenica 18 aprile 2010

Un posto al sole

Qual'è il potenziale energetico del nostro comune?
Ho voluto divertirmi a calcolare quale potrebbe essere la produzione di energia elettrica nel nostro territorio se su tutti i tetti di tutti gli edifici (pubblici e privati) fossero installati pannelli solari fotovoltaici. Parlo di soli edifici esistenti e senza ipotizzare di mettere impianti fotovoltaici a terra su terreni agricoli, spiagge, aree naturali o altre aree inedificate. E' ovvio che il calcolo è impreciso e discutibile in molti punti ma gli ordini di grandezza sono molto indicativi.

Comune di Ravenna
Superfice occupata da edifici in metri quadrati 12.900.000
supeficie utilizzabile per pannelli solari (35%) 4.515.000
Potenza installabile (Mwh) 502
produzione annua stimata (Mwh/anno) 571.900

Per rendersi conto di quello che significano questi numeri basti sapere che questo "megaimpianto distribuito sul terrriorio", avrebbe una potenza superiore di 4 volte a quella della centrale Enel di Porto Corsini. E' chiaro che il sole c'è solo di giorno ma in un'anno con il fotovoltaico si produrrebbe la stessa energia che la centrale di Porto Corsini produrrebbe accesa 24 ore al giorno alla metà della sua potenza.
Si risparmierebbero 200 milioni di tonnellate di petrolio in un'anno e si creerebbero centinaia di posti di lavoro. Per non parlare dell'inquinamento atmosferico evitato: altro che centrali a biomasse !!
Non sarebbe il caso di pensarci?

domenica 21 marzo 2010

La firma dell'aria

L'estate scorsa avevo riverniciato il parapetto del balcone in calcestruzzo, in grigio chiaro, per proteggere il cemento dalla corrosione con una vernice acrilica.
Quest'inverno, la neve si è posata sul parapetto, e sciogliendosi ha prodotto delle colate nerastre ed indelebili sulle pareti verticali. Non son riuscito a pulirle.
La qualità dell'aria che respiriamo è questa, nonostante tutte le nostre auto catalizzate, nonostante i bei bollini blu, nonostante l'ipocrisia dei finti blocchi del traffico dei giovedì. Ed espandere la città, costruire nuove strade, parcheggi, e nuove case significherebbe aver ancora più bisogno di auto per coprire distanze sempre maggiori, significherebbe solo allargare e potenziare la nostra camera a gas.

domenica 7 marzo 2010

Legno e utopia.

Per contrastare i cambiamenti climatici dovremmo riportare la concentrazione di CO2 in atmosfera a livelli quasi preindustriali. Da un lato andrebbero ridotte le immissioni attraverso la riduzione dell'uso di combustibili fossili, dall'altro bisognerebbe estrarre la CO2 dall'atmosfera e confinarla. Esistono a questo proposito progetti deliranti di impianti per il confinamento della CO2 nel sottosuolo e purtroppo alcuni governanti ed industriali li prendono anche sul serio.
Invece una delle soluzioni più ovvie, che è quella di confinare la CO2 nel legno semplicemente piantando alberi, non viene sufficientemente promossa da nessuna forza politica o economica. E mi domando il perché, ma ho paura della risposta. Forse ci vogliono sognatori e utopisti per idee così banali e radicali.
Nel settore delle costruzioni, dovremmo disincentivare o forse bandire materiali energivori come il cemento o l'acciaio a favore del legno. Di qui, forse, il processo di decrescita virtuosa potrebbe avviarsi e potremmo salvarci dalla catastrofe.

In un Kg di legno sono confinati 920 grammi di CO2 presi dall'atmosfera, mentre per produrre un Kg di cemento si immettono in atmosfera almeno 1,05 Kg di CO2. Come vedete ... con il legno ... doppio guadagno!

martedì 23 febbraio 2010

L'ultima palude

Sulla destra di Via Don Carlo Sala, nei campi, in direzione del mare, c'è una piccola depressione del terreno.  Non è facile notarla, sopratutto se non la si cerca, ma quando piove vi si forma subito una gran pozzanghera e allora la si vede bene. Ai bordi dell'area coltivata, vicino alla strada e lungo il fosso, crescono tuttora le canne da palude, quelle usate anticamente per fare i tetti dei tradizionali capanni rurali. 
Trent'anni fa o giù di lì, vi era in quel punto una piccola palude, di un'ettaro o meno, con un laghetto nel centro dove una volta, da bambino, sono andato a pescare i "panciotti".
Da quel che conosco, è questa l'ultima palude di cui è rimasta traccia e memoria dentro cintura urbana di Ravenna.
Questo post serve solo a ricordarci che Ravenna, e gran parte del suo territorio, è stata strappata con la fatica ed il sacrificio di generazioni alle paludi e alle frequenti innondazioni.
Credo che destinare oggi questi fertili terreni all'inutile urbanizzazione vorrebbe sicuramente dire sperperare un'eredità materiale e culturale preziosa.

mercoledì 10 febbraio 2010

Calatrava è vecchio di secoli


Il nostro sindaco è andato dal famoso architetto catalano Calatrava. Vorrebbe incaricarlo di riprogettare mezza città, Darsena e stazione in particolare.  Per dirla con le sue parole, è andato da lui per "...realizzare quei segni architettonici che il ‘900 non ha lasciato, e vogliamo che i nuovi edifici e le nuove opere siano a livello della storia millenaria di questa città".
Devo dire che son rimasto stupito: mi è sembrato proprio un proclama d'altri tempi, di quando i governi spremevano il popolo per la gloria e la vanità dei governanti. Cose da fine 800, da ventennio o giù di lì. E giustamente si è rivolto a Calatrava che pensa e progetta perseguendo l'estetica (rispettabile) e privilegiando la "grandeur" ( vedi la Lectio Magistris di Calatrava al Comune di Salerno). Ma di progettisti fantasiosi come lui se ne trovano a bizzeffe, anche fra i disegnatori di videogame o su Topolino.
Però ogni tanto i nostri amministratori sono presi dalla fregola di avere una "grande firma" e questa volta è toccato a Calatrava. Qualcuno ricorda la vicenda del palazzetto dello sport progettato da Renzo Piano?
 Non credo che la nostra città abbia bisogno di Calatrava. Ce la possiamo cavare anche da soli, sopratutto se vogliamo proprio farci del male.

Comunque le idee sul tappeto sembrano siano 2:  interrare la stazione o farci un tunnel stradale sotto per collegare il centro alla Darsena. Ravenna è quasi al disotto del livello del mare...un grande tunnel senza idrovore accese h24 sarebbe immediatamente allagato!

venerdì 22 gennaio 2010

Energia dai tornado: perchè dubitarne?


Nel novembre 2007 fu presentata alla città il progetto di "Serendipity Energia Srl". (leggi l'articolo) Avrebbero dovuto costruire un colossale impianto lungo la E45 per la generazione di tornado artificiali, da sfruttare poi per ricavarne energia - una tecnologia nuovissima, tanto nuova che nessuno l'ha mai vista in funzione.  Erano stati promessi 800 posti di lavoro per 1MW di potenza e 3500 posti per l'indotto (una produzione di energia per addetto piuttosto risibile).
Sono ormai pasati piu di 2 anni e del progetto non rimane nulla (per fortuna?), se non qualche articolo su internet di allora.
Ma perchè a suo tempo nessuno avanzò dubbi sulla fattibilità della cosa? E mi riferisco in particolare ai politici che dovrebbero rilasciare i permessi e sopratutto ai giornalisti che avrebbero dovuto tampinare e subissare di domande i promotori di un progetto così rivoluzionario.
Forse ci sono molte cose che non capisco...

mercoledì 6 gennaio 2010

Morte di un'asciugacapelli

Il mio asciugacapelli è morto, non è piu riparabile.
Altre volte ero riuscito ad aggiustarlo ma questa volta non c'è nula da fare: morto stecchito.
Quindi l'ho smontato cercando di isolare le parti riciclabili come faccio con ogni piccolo elettrodomestico che lascia la mia casa.
Tutte le volte che mi accingo a questo rituale mi rendo sempre più conto che chi ha progettato questo asciugacapelli come altri oggetti simili non ha minimamente pensato e quindi previsto che:
1) a seguito di rottura il fon possa essere aggiustato;
2) a fine del suo ciclo di vita i suoi materiali siano convenientemente riciclati;
Le viti usate avevano un'innesto proprietario, cioè non erano né a taglio né a croce. Questa questione delle viti "proprietarie"  non sono mai riuscito a spiegarmela completamente perché forse non conosco bene i processi di produzione di questi beni, ma l'effetto è che rendono difficilissimo lo smontaggio (per riparazione o riciclo) dell'oggetto.
Il motorino elettrico con il suo prezioso contenuto di rame era pressoché inglobato in un cilindro di plastica nera e solidale alla ventola per cui non si riesce a smontare ulteriormente.
Il filamento in tungsteno è avvolto in un rocchello di materiale termicamente isolante che sembra carta. Essendo il tungsteno un metallo pesante, è altamente tossico e non andrebbe disperso nell'ambiente anche se, come il piombo, viene usato anche per la pesca sportiva e per proiettili di munizioni.
Dallo smontaggio sono quindi risultati 180 grammi di plastica riciclabile e 220 grammi di rifiuti indivisibili e difficilmente riciclabili.
Tutto questo per dire che senza una responsabilizzazione dei produttori di questi beni, come di altri, non risolveremo mai il problema dei rifiuti e continueremo a sperperare energie e materiali preziosi. E che  noi consumatori dovremmo accettare di pagare un po' di più questi prodotti per includervi anche i costi ambientali, in primis lo smaltimento.